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venerdì 26 febbraio 2010

VICENDA OSPEDALE: FARE TANTO, PARLARE POCO.

La strumentalizzazione politica di una vicenda tanto delicata quale quella legata alla battaglia per l'apertura del nuovo ospedale a Sant'Agata,non rende onore a chi la fa. Diffidare dalle promesse e dai facili miraggi, è fondamentale per risucire davvero a portare in porto il risultato. Il silenzio dei fatti fa molto più rumore di mille proclami!Fare tanto, parlare poco...Questo ho imparato dalla magnifica e VINCENTE esperienza del Comitato "Contrada Saiano - No impianto di Digestione"!
Quella battaglia noi l'abbiamo vinta "facendo": senza nemmeno una manifestazione di piazza, senza un corteo, senza una occupazione.
L'abbiamo vinta nella legalità, perchè era una lotta per il rispetto delle regole e delle norme. Ci siamo fatti sentire, abbiamo dato voce alle nostre istanze, abbiamo sollecitato, pressato i nostri pubblici rappresentanti. Ma, volutamente, non abbiamo mai fornito loro l'alibi per non poter lavorare.
Se si pretende, giustamente, l'applicazione della Legge (nel caso nostro quella regionale n. 16/2008) questo non può che avvenire nel rispetto della legalità oltre che dei ruoli istituzionali.
Il Presidente del Consiglio Comunale, anche nella qualità di Presidente della Conferenza dei Capigruppo, intende continuare a dare seguito, efficacemente e con forza, al mandato pieno ed unanime affidatogli dal Consiglio il 15 settembre 2009 a tutela del territorio cittadino nella vicenda relativa all'apertura del nuovo ospedale. Almeno fino a quando il Consiglio non revocherà ufficialmente tale mandato. Lavorerò caparbiamente e parlerò poco, così come fatto fino ad ora. Nella certezza di dover contribuire, assieme alle altre istituzioni, al raggiungimento dell'unico obbiettivo: l'apertura della struttura il prima possibile!

angelo montella

mercoledì 10 febbraio 2010

FOIBE - DISCORSO PER IL GIORNO DEL RICORDO

Quando si parla dei “massacri delle foibe” si intendono gli eccidi perpetrati ai danni di migliaia di cittadini italiani per motivi etnici e politici, alla fine e durante la seconda guerra mondiale in Venezia Giulia e Dalmazia. Tali eccidi furono per lo più compiuti dall’Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia del dittatore Tito, a cui si affiancarono, in armi, alcuni militanti Comunisti italiani. “Storia e Memoria” è il titolo che abbiamo voluto dare a questa manifestazione in ricordo delle vittime delle Foibe. La Memoria si riempie di contenuti solo attraverso la conoscenza della verità storica. E’ questo lo sforzo verso cui abbiamo il dovere di tendere. In questa ottica, si rende necessario il tentativo di ricostruire il quadro storico – politico nel quale l’ eccidio delle Foibe è maturato. Per farlo, non possiamo che partire dal ricordare cosa è stato il Fascismo e cosa questo ha significato nella storia d’Italia. Il Fascismo fu un movimento politico italiano del XX secolo, reazionario, di carattere nazionalista, autoritario e totalitario, che sorse in Italia per iniziativa di Benito Mussolini alla fine della prima guerra mondiale. Raggiunse il potere nel 1922 con la Marcia su Roma, si costituì in dittatura nel 1925, subito dopo l’uccisione del deputato Socialista Giacomo Matteotti. Durante la dittatura fascista fu negato ai lavoratori il diritto di sciopero, fu abolita la libertà di stampa, fu sciolto il Parlamento, furono emanate le leggi razziali ed antisemite, fu repressa, con la violenza di Stato, ogni sorta di diversità o di opposizione. Il 25 aprile del 1945, con la vittoria del Comitato di Liberazione Nazionale, il fascismo fu completamente spazzato via. Dalle sue ceneri nacque il nuovo Stato Democratico che ebbe come collante proprio l’ Antifascismo, inteso come il ripudio totale dei metodi autoritari, violenti e reazionari, discriminatori e razziali che caratterizzarono quel regime. Antifascismo, dunque, come valore fondamentale della nascente Democrazia, posto alla base della nostra Costituzione. Perché, al di là delle diversificazioni ideologiche (sinistra-centro-destra), in quanto italiani siamo tutti necessariamente antifascisti! Il Fascismo è stata un epoca di DIRITTI NEGATI e REPRESSI con l’uso della VIOLENZA. Dal 1924 in poi, in Dalmazia e nella Venezia Giulia, i fascisti operarono continue, violente ed innaturali repressioni a danno delle popolazioni di origine slava, in nome di un cieco Nazionalismo, inteso come forma esasperata e miope di appartenenza ad escludendum ad un determinato territorio e ad una determinata razza. Era, questa, una idea che imperversava in tutta l’Europa nei primi del ‘900. Fu gradualmente introdotta dai fascisti, in quelle zone, una politica di assimilazione forzata delle minoranze etniche e nazionali, che prevedeva l’italianizzazione di nomi e toponimi, la chiusura delle scuole slovene e croate ed il divieto dell’uso della lingua straniera in pubblico. L’azione repressiva del governo fascista, di fatto, annullò l’autonomia culturale e linguistica delle popolazioni slave ed acuì i sentimenti di inimicizia nei confronti dell’Italia. Tutto questo contribuì alla creazione di un clima esasperato al punto tale che, caduto il fascismo, il sentimento forte della libertà ritrovata, sfociò ben presto nel desiderio viscerale di vendetta, attraverso l’uso spietato della violenza da parte degli oppressi contro gli oppressori. Si assistette, cioè, ad un drammatico, macabro, scambio di ruoli: gli aguzzini diventarono vittime e le vittime, aguzzini. La domanda che mi pongo e che vi rivolgo è la seguente: e’ giusto rispondere alla violenza con uguale violenza? La risposta non può che essere una, netta ed inequivocabile: NO, MAI! Guai ad attribuire un significato, anche solo vagamente “romantico” alle motivazioni che hanno generato in passato (o possono generare tutt’oggi) furie assassine. Guai a lasciare spiragli al riconoscimento di una qualche attenuante rispetto agli orrori ed alla violenza! Sarebbe, per chiunque, un errore fatale! Se fu la rabbia per le angherie subite nel ventennio ad armare la vendetta di quegli uomini, appartenenti ad un movimento, quello Comunista, che pure ha pagato un notevole tributo di sangue nella lotta di liberazione nazionale per debellare il fascismo, questo non li giustifica affatto. Di più, li condanna due volte: una volta per aver commesso materialmente i crimini efferati; la seconda, per aver permesso ai metodi ed ai modi fascisti di contaminare il proprio animo, di snaturare a tal punto i propri ideali, fino alla assimilazione degli stessi disvalori ed alla commissione della stessa barbarie. Una tragica, agghiacciante, metamorfosi Kafkiana. I militanti Comunisti, contribuendo ai massacri delle Foibe, sono venuti meno, con i fatti, a quei principi che avevano ispirato la Resistenza Italiana, di cui loro, in massima parte, sono stati meritori protagonisti, diventando loro stessi strumenti di applicazione dei medesimi mali che avevano combattuto. E’ questa, a mio giudizio, la TRAGICA ANOMALIA che ha generato i massacri. Al Nazionalismo escludente e razzista di cui era impregnato il regime mussoliniano, quei militanti Comunisti opposero un Internazionalismo che, degenerando via via dal concetto forte di libertà assoluta che sottintendeva, non esitò a prestare loro la motivazione per scagliarsi in armi contro i propri connazionali prestandosi ad essere strumento, più o meno “inconsapevole” (a noi non importa), del progetto totalitario e razzista di Tito. Resta l’orrore dei fatti, di fronte ai quali tutti abbiamo il dovere di chinare il capo, di riflettere e di pronunziare con nettezza parole di condanna. Pensare di graduare le colpe e le virtù, tentare giustificazioni ideologiche, è soltanto un esercizio tanto sciocco quanto inutile. La Storia delle Foibe, allora, consegna alla Memoria un messaggio chiaro ed inequivocabile: mai più ci siano guerre e stermini in nome degli ideali! Mai più ci sia un uomo che prevarichi un altro uomo! Tocca a noi raccogliere questa sfida, tenere per mano la nostra Storia e condurla verso un domani migliore. Perché la Memoria del passato riguarda più che mai oggi il nostro Futuro. Vorrei chiudere questo mio intervento con una frase di MAJAKOWSKIJ che sento davvero, profondamente mia e che spero tutti quanti possiate sentire anche vostra: “In ogni goccia di lacrima che scorre, ho crocefisso me stesso”.