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venerdì 17 dicembre 2010

Dimissioni dalla carica di Presidente del Consiglio Comunale - Accettazione dell'incarico di Assessore


                                                                                  Alla c.a. del
Vicepresidente del Consiglio Comunale
Della Città di S.Agata de’ Goti (Bn)
Consigliere Serino Cesare

Al Sig. Sindaco
Ai Sig.ri Assessori
Ai Sig.ri Consiglieri Comunali

Ai Sig.ri Capigruppo Consiliari
Alfonso Maria Di Caprio
Mario Maddaloni
Alfonso Ciervo
Michele Razzano

Ai Sig.ri Presidenti delle Commissioni
Consiliari Permanenti


Oggetto: dimissioni dalla carica di Presidente del Consiglio Comunale.

Preg.mo Vicepresidente, stimatissimi Colleghi,
ho sempre concepito l’agire politico come un servizio da rendere alla Comunità nell’interesse generale di tutti. E’ questo lo spirito che sempre mi ha animato e, lo spero, sempre continuerà ad animarmi nel cammino politico presente e futuro.
Ho sempre creduto che l’amore verso la propria Terra, verso la propria Città, debba tradursi nel rispetto assoluto verso le Istituzioni democratiche in quanto tali, per il valore fondamentale che esse rivestono per la Comunità, indipendentemente dalle persone che, in un determinato momento storico, ne esercitano le prerogative.   
Per questo, il 24 giugno del 2009, fu per me un onore grandissimo essere stato eletto alla Presidenza del Consiglio Comunale della mia Città.
In ciascuno dei quasi 17 mesi di Presidenza, ho cercato sempre di rappresentare al meglio delle mie possibilità, il massimo Consesso Civico.
Spero di averlo fatto con dignità, imparzialità ed autorevolezza, nell’interesse dei singoli Colleghi Consiglieri Comunali e della intera Città.
I 19 Consigli Comunali tenuti in meno di 17 mesi, possono rappresentare la migliore dimostrazione di quanto abbia cercato di lavorare per attribuire assoluta centralità democratica all’Assemblea Cittadina.

Insieme a tutto il Consiglio, in uno spirito unitario e collaborativo per il quale mi sono sempre adoperato e che ho sempre cercato di salvaguardare, abbiamo contribuito, con l’Esecutivo, a vincere battaglie civili fondamentali per la nostra Sant’Agata. Battaglie di Diritti come, ad esempio e su tutte, quella per l’apertura del nuovo ospedale Sant’Alfonso Maria dei Liguori.
E quando ci sono stati momenti difficili sotto il profilo personale, ho anteposto sempre, alle mie pure umane preoccupazioni, il dovere istituzionale di dare una risposta chiara e netta alla violenza ed al sopruso, continuando a portare avanti, con responsabilità e dignità, la carica che ricoprivo.
Perché prima di se stessi, viene la responsabilità personale e politica verso l’intera Comunità.
Proprio in ossequio a questi valori, oggi sono a congedarmi da Voi con questa carica.
Il Sindaco e la Maggioranza, di cui orgogliosamente faccio parte, impegnati incessantemente nel lavoro al servizio della Città, hanno ritenuto, e sono qui a ringraziarli, di chiamare la mia persona ad offrire un contributo di diversa natura.
Dinanzi a tale prospettiva, in una serena valutazione portata avanti con il Primo Cittadino e con tutta la mia Maggioranza, ho deciso di assumere su di me l’onere di quella responsabilità, animato dall’identico spirito di servizio verso la mia e la nostra Comunità.
Il rispetto assoluto che nutro verso le Istituzioni cittadine, pertanto, mi impone le dimissioni, irrevocabili e con effetto immediato, dalla Presidenza del Consiglio Comunale della Città, avendo io accettato ed assunto l’incarico di Assessore.
Un ruolo Istituzionale e di Garanzia, quale quello di Presidente del Consiglio Comunale, richiede un impegno ed una dedizione esclusivi, che non possono essere divisi né confusi con il diverso ed altrettanto importante ruolo amministrativo attivo, verso il quale sarà indirizzata, dunque, la mia futura azione per la Città.
Desidero ringraziare, Lei Sig. Vicepresidente, per la preziosa collaborazione offertami nello svolgimento del mio mandato.
Così come desidero dire grazie ai Capigruppo, ai Presidenti delle Commissioni Consiliari Permanenti ed a tutti Voi Colleghi Consiglieri di maggioranza e di opposizione, per la pazienza e la disponibilità che sempre mi avete dimostrato. Se ho fatto un buon lavoro, come spero, lo devo anche a Voi tutti.
Un ringraziamento, mi sia consentito, voglio rivolgerlo a tutta la Maggioranza per avermi concesso il grande onore di rappresentarla nel più alto ruolo Istituzionale Consiliare.
Un grazie sentito, lo rivolgo al Sindaco che ha voluto rinnovarmi la sua fiducia e la sua stima chiamandomi all’impegno attivo nella sua Giunta. E’, per me, un onore grande continuare a lavorare al servizio della Città insieme ai miei compagni di maggioranza. Spero di assolvere questo mio nuovo compito nel migliore dei modi possibile, senza mai perdere la bussola della passione civile e della responsabilità istituzionale.

Dalla Residenza Municipale, lì 17.12.2010                                     
 Angelo Montella

martedì 23 novembre 2010

"A SINISTRA" insegna il compostaggio ai bambini - visita istituzionale in occasione della dimostrazione


Ha avuto inizio ieri “NON BUTTARE, TRASFORMA! – puoi farlo anche tu”, progetto, presentato dall' associazione A Sinistra e patrocinato dal Comune di Sant'Agata de' Goti  con la collaborazione degli istituti scolastici S. Agata 1° Circolo Ettore Diotallevi, I.C. N.1 A. Oriani S. Agata, l’I.C. N. 2 S. Agata Dei Goti, che ha l’obiettivo di diffondere il compostaggio domestico nelle scuole per il recupero dei rifiuti umidi, tramite l’utilizzo di compostiere, realizzate dai volontari dell'associazione e donate agli istituti partecipanti. L'iniziativa, nata in occasione della “Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti” - 20 al 28 novembre, ha fatto tappa oggi presso la Scuola Materna del II Circolo didattico di Faggiano. 
Stamattina, mi sono recato in visita istituzionale presso il plesso scolastico della frazione Faggiano, per assistere alla presentazione ai bambini del progetto per la realizzazione della compostiera,  finalizzato all’educazione al riutilizzo degli scarti di mensa e di potature di giardino. E' stata una esperienza, al contempo, interessante e  molto toccante. Ho potuto apprezzare la competenza e la delicatezza nell'approccio dei volontari dell'Associazione "A Sinistra", oltre che la straordinaria tenera attenzione dei nostri piccoli-grandi concittadini. 
Al termine della eco-lezione sulla riduzione dei rifiuti e sul compostaggio, ho rilasciato alla stampa la seguente dichiarazione:
Plaudo con vivo entusiasmo all' iniziativa promossa dall'Associazione "A Sinistra". Attraverso di essa si favorisce, nei cittadini, una migliore consapevolezza dell'importanza che ha, per il bene comune, il quotidiano agire virtuoso di ciascuno. Farlo con i bambini e con le scuole, vuol dire iniziare a costruire, da subito, un Futuro ed una Città migliore. Per questo desidero ringraziare i dirigenti scolastici e i docenti degli istituti che hanno aderito all'iniziativa per la sensibilità mostrata.
Ho sentito il dovere di presenziare a questa iniziativa affinchè giunga il messaggio che le Istituzioni della città sono sensibili e vicine a chi si adopera concretamente per promuovere la cultura della riduzione dei rifiuti e più in generale della tutela dell'ambiente. Voglio ringraziare altresì il lavoro portato avanti, in quest'ottica, dal Consigliere delegato alle Politiche Ambientali Giancarlo Iannotta, che ha trovato e troverà sempre in questa Presidenza del Consiglio Comunale supporto e collaborazione”.

martedì 5 ottobre 2010

Martiri del 5 ottobre 1943 - Il dovere della rinunzia

In occasione della annuale celebrazione dei martiri del 5 ottobre 1943, a margine della cerimonia civile di commemorazione,a cui ho preso parte, tenutasi in Città stamane, ho rilasciato alla stampa il seguente comunicato ufficiale: 

“Ogni anno la nostra Città rinnova il ricordo del gesto eroico compiuto nel 1943 da cinque suoi giovani concittadini che diedero la vita nel vano tentativo di disinnescare le bombe poste dai tedeschi in ritirata. Questo semplice e nobile gesto, pagato con la loro giovane vita, ancora oggi parla alle coscienze ed alle esistenze di tutti noi lasciando a ciascun concittadino un messaggio alto: l’agire per il bene comune, nell’interesse di tutti, non può essere legato alla logica perversa della convenienza personale e del vantaggio. Bisogna assumere la consapevolezza che il miglioramento della esistenza di tutti, passa necessariamente per le rinunzie di ciascuno.
Sono queste le radici profonde della nostra Comunità. Su questi valori, ciascuno di noi può e deve sentirsi parte integrante della Città, intendendo la stessa come una grande famiglia in cui nessuno è immune da errori, ma in cui tutti, sempre, hanno il dovere di agire nell’interesse di tutti.
Possiamo non rendere vano ciò che accadde il 5 ottobre del ’43, vivendo ogni giorno nella applicazione dei valori e dei principi comuni anche, a volte, al di là del proprio personale vantaggio”.

mercoledì 8 settembre 2010

Panta rei...

Berlusconi ha deciso di salire al Colle, ma non per fare quello che dovrebbe, ovvero formalizzare la crisi di governo e rimettere il proprio mandato nelle mani del Capo dello Stato, bensì per chiedere a Napolitano di dare il proprio placet all’ennesimo illiberale abuso: la rimozione, direi quasi l’epurazione, del Presidente della Camera dei Deputati.
Il tutto nello sprezzo più totale sia della Carta Costituzionale che dei Regolamenti parlamentari. Ne l’una ne gli altri attribuiscono ad alcun organo Istituzionale la facoltà di rimuovere dallo scranno più alto di Montecitorio colui che vi è stato eletto.
Il Presidente della Camera ha un alto ruolo di garanzia: è tenuto a vigilare sul rispetto dei Regolamenti parlamentari, garantendo a ciascun deputato il pieno e libero esercizio dei propri diritti oltre che il rispetto rigoroso dei propri doveri.
L’art. 90 della Costituzione, se da un lato afferma che il Presidente della Repubblica, unico organo a cui è data questa “salvaguardia” costituzionale, non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, dall’altro pure esplicitamente configura, per il Capo dello Stato, gli unici due “reati propri”: quello dell’ alto tradimento e dell’ attentato alla Costituzione.
Dunque, nonostante la eccezionalità costituzionale della figura del Presidente della Repubblica, anche per questi è tuttavia prevista la possibilità della “messa in stato d’accusa” da parte del Parlamento in seduta comune, qualora il Capo dello Stato commettesse uno dei due reati di cui all’art. 90.
E’ proprio sull’ esistenza di questa norma che il Presidente del Consiglio giustifica la richiesta di rimozione di Fini che presenterà a Napolitano: se anche per il Capo dello Stato è prevista costituzionalmente la possibilità di rimettere in discussione il suo mandato, l’assenza di analoga previsione nella Carta e nei Regolamenti parlamentari per i Presidenti di Camera e Senato, rappresenta un “vulnus” normativo superabile quasi per applicazione analogica dell’art. 90.
Ne più ne meno che una bestemmia giuridica.
Infatti, non siamo dinanzi ad un discutibile “vuoto” normativo generatosi da una grave “distrazione” dei padri costituenti ma, al contrario, ci troviamo al cospetto di un mirabilissimo esempio di fine e ponderata architettura costituzionale.
I Presidenti di Camera e Senato svolgono, semplicemente, il ruolo di “arbitri”: la Carta Costituzionale non attribuisce loro i medesimi poteri esercitati dal Capo dello Stato. Solo a quest’ultimo, infatti, spetta il ruolo altissimo di massimo garante della Costituzione e, dunque, soltanto il Presidente della Repubblica e non altri, può e deve essere sottoposto, in casi ristrettissimi, al giudizio del Parlamento che è l’espressione diretta del Popolo sovrano.
Ecco perché, chiedere oggi a Napolitano di rimuovere Fini dalla Presidenza della Camera è l’ulteriore penosa dimostrazione di come sia inopportuna questa classe di governo che, con metafora velistica, si trova al timone senza conoscere le regole essenziali di navigazione.
Eppure questo è diventato il nostro Paese. Un Paese dove tutto ciò, tutto quello che di ignobile accade, anzicchè indignare, suscitare pensiero critico di massa, provocare dibattito sociale, ribellione, analisi feroce e proposta superatrice, come pioggia fitta e sottile, scivola velocissimo ai piedi delle coscienze dormienti, delle bocche plagiate, delle mani plaudenti, delle ginocchia genuflesse: tutte membra di quel mostruoso corpo, impermeabile al Futuro, che è diventata la Società italiana.
Ci siamo abituati, non so quanto consapevolmente, alla quotidianità degli eccessi, al sistematico stravolgimento, a proprio vantaggio, di ogni norma, di ogni legge, di ogni regola, allo sfrontato superamento di qualsiasi limite e steccato, alla ostentazione dei disvalori, alla religione della superbia e del disprezzo palese delle opinioni contrarie, alla sistematica impiccagione del confronto, all’esercizio diffuso e naturale dell’arroganza da parte di potenti e potentini, alla coniugazione sfrontata del personalismo, alla reiterazione dei conflitti d’interesse, alla nausea dei comandanti verso la democrazia e le Istituzioni, alla sottomissione schiavistica dei più deboli da parte dei più forti, alla fulminea decapitazione del dissenso, all’annullamento menefreghista dei diritti sociali conquistati negli anni con il sacrificio di tanti, al disprezzo avvilente per il mondo del lavoro.
Panta rei, diceva Eraclito: tutto scorre.
Ed è proprio così, tutto ci scorre addosso come se fosse qualcosa che non ci riguarda, che non sta accadendo qui, ora e a noi.
E’ la fotografia di un Paese sotto shock, incapace di rialzarsi e di continuare il proprio cammino.
Ma non si creda che questa dissolutezza sia propria soltanto della grande politica, quella romana, quella dei palazzi che contano. La cosa ancor più preoccupante è che questi atteggiamenti dissoluti, sono presenti in modo evidentissimo, ramificati e diffusi, dappertutto. Il virus si è inoculato in ogni struttura di potere costitutiva dello Stato: Regioni, Province, Comuni, Enti sovra territoriali, parastatali, etc…Insomma, ovunque ci sia da poter usare potere decisionale, lì vi è la pedissequa ripetizione del medesimo, squallido, metodo: un mostro che si nutre di prevaricazione e di interessi di parte.
E’ un problema serissimo della politica, di destra, di centro e di sinistra. Ed è un andazzo verso il quale ci si è talmente tanto adusi, da permettere che diventasse sistema. L’opinione diffusa è che: la politica si fa così. Punto.
Provare a cambiarla da dentro questa politica, quasi mai paga. In questa logica ramificatissima del do ut des, dire dei no a chi richiede “aiutini” in favore di una logica di trasparenza e meritocrazia, ad esempio, produce in via immediata un’ emorragia di consenso elettorale assolutamente non tamponabile.
Anche perché, l’”ostacolo” dell’ “onestà” è facilmente superabile semplicemente passando oltre: rivolgendo la medesima richiesta di attenzione ad un altro politico del medesimo rango, spesso si ottengono diverse risposte, evidentemente più vantaggiose sia per chi chiede che per chi risponde.
E’ questo il vero, grande dramma sociale italiano: la diffusione della cultura del sotterfugio, del privilegio, del disvalore. Dove chiunque dice o agisce per un tornaconto immediato, per un interesse spiccio, solo ed esclusivamente pro domo sua. Dall’interesse economico a quello puramente elettoralistico.
Il cittadino che fa politica, impegnato nelle Istituzioni o nell’ amministrazione attiva, dovrebbe capire che su di lui incombe un dovere maggiore: quello di pensare al Futuro della propria Comunità. Per farlo responsabilmente, non si può pensare di poter dire dei no a prescindere e soltanto a chi appartiene alla parte politicamente avversa, ma bisognerebbe avere il coraggio di dire i no giusti anche agli amici, alle persone vicine, nel momento in cui chiedono attenzioni privilegiate per ottenere qualcosa pur non avendone i requisiti.
Bisognerebbe avere il coraggio di rendersi protagonisti di una grande rivoluzione culturale che modifichi la prassi, che inverta gli schemi, che rompa il sistema marcio in cui galleggia il nostro tessuto sociale e che ricacci ai margini estremi di una società che possa dirsi davvero compiutamente civile, la prepotenza, il crimine e l’illegalità, spingendoli energicamente in quell’anfratto scuro e putrido da cui sono venuti per poi  proliferare indisturbate alla luce del sole.
Per farlo, non bastano le belle parole, i convegni, gli impegni di facciata. C’è bisogno di fatti, di azioni concrete. Così come c’è bisogno di compattezza politica nel tenere la barra dritta sulla legalità, considerarla davvero “suprema lex” ed essere uniti nella battaglia di responsabilità verso il Futuro, non cedendo a ricatti o minacce.
Dal canto suo, la cittadinanza genericamente intesa, è chiamata a fare la propria parte, a sostenere apertamente, cioè, coloro che provano a realizzare tutto questo. Dovrebbero, i cittadini perbene, amplificarne il lavoro, aggregare consenso sociale intorno a chi è impegnato in una battaglia difficile e molto spesso solitaria, evitarne l’isolamento politico e sociale, offrire attivamente il proprio contributo per una comunità migliore.
Ancora oggi, chi lotta attivamente per la legalità, chi cerca di passare dalle parole ai fatti, paga un prezzo ancora più alto di tutto il resto, lasciando sul sentiero del Futuro la propria stessa esistenza. Come è accaduto ad Angelo Vassallo, Sindaco di Pollica, in provincia di Salerno, trucidato per aver impedito, con i fatti, al cancro sociale della criminalità di poter disporre del presente e del domani della propria Comunità, della sua Polis. Ancora oggi questo Stato lascia che si uccidano le persone perbene. Ed anche su questo, la Società tace, lascia che tutto le piova addosso, senza alzare il suo sguardo da terra, senza nemmeno provare un colpo di tosse, prima di girarsi dall’altra parte e continuare ad illudersi di stare ancora vivendo.

martedì 7 settembre 2010

nota ufficiale

Il Presidente del Consiglio Comunale della Citta' di Sant'Agata de' Goti (Bn) esprime profonda vicinanza alle Istituzioni Cittadine ed alla intera Comunita' di Pollica (Sa), colpite duramente dall'ignobile ed atroce atto criminale che ha spezzato l'esistenza del Sindaco Angelo Vassallo. Ancora una volta, la lotta per la legalita' impone un dolorosissimo tributo di sangue. Ogni singola persona perbene, le Istituzioni tutte, hanno il dovere di proseguire senza sosta la coraggiosa bataglia per un Futuro migliore. Alla famiglia giunga l'umano cordoglio e la sentitissima partecipazione al loro immenso dolore. Questo terribile episodio sia l'occasione per aprire le menti ed i cuori della gente onesta, ad un orizzonte d'impegno civile sempre piu' forte e sempre piu' attivo contro i soprusi e la violenza.

martedì 10 agosto 2010

Dimissioni Viscusi - Consiglio il 12 e dichiarazione alla stampa

Giovedì 12 agosto alle ore 16:00 è convocato il Consiglio Comunale. All'ordine del giorno la surroga del Consigliere Vicesindaco dimissionario Prof. Giovanni Viscusi.
Interpellato sugli aspetti tecnici della vicenda, ho rilasciato la seguente dichiarazione a "Il Sannio Quotidiano":

"Ho convocato in tempi rapidi il consiglio comunale per la surroga del consigliere Viscusi, poiché tenuto a tanto dai termini previsti dal TUEL, ovvero entro dieci giorni dalle sue dimissioni, e rispettando anche il termine di cinque giorni previsti per la convocazione dei consiglieri, così come precisa in questi casi il regolamento del consiglio comunale. Sicuramente sono dispiaciuto per l'abbandono improvviso del prof. Giovanni Viscusi, che con la sua grande esperienza politica arricchiva la maggioranza, ma davanti a questioni di natura familiare, non si può far altro che accettare. Il mio compito, in qualità di presidente del consiglio, è quello di reintegrare con immediatezza le funzioni del consiglio, nell'interesse del paese e nel rispetto delle regole. Dal punto di vista politico sono sicuro che il Sindaco Valentino, con la maggioranza tutta, saprà trovare, responsabilmente, le migliori soluzioni per garantire alla Città una rapida ricostituzione del plenum della Giunta attraverso il rispetto dei principi e delle regole che la stessa maggioranza si è data al momento del suo insediamento. Tanto al fine di proseguire, senza indugi, il lavoro di governo e di programmazione nell'esclusivo interesse del nostro Paese".

lunedì 19 luglio 2010

Un lungo applauso, un lungo addio...

23 maggio 1992 - Capaci
19 luglio 1992 - Via D'Amelio

"Chi ha paura muore ogni giorno.
Chi non ha paura muore una volta sola".


Per non dimenticare
Giovanni Falcone

e
Paolo Borsellino
.

giovedì 1 luglio 2010

Lettera aperta alla mia Comunità di Saiano e Cantinella

Nella seduta di ieri il Consiglio Comunale ha approvato il Bilancio di previsione 2010. E’ un bilancio di grande sacrificio che prevede notevoli tagli alle spese dell’Ente. Il tutto per cercare di arginare il più possibile la disastrosa situazione in cui versano le casse comunali, ereditata dalle precedenti gestioni amministrative. Nonostante il quadro economico continui a non essere per nulla roseo, l’azione politica tenace e costante portata avanti in questo primo anno di amministrazione ha, finalmente, prodotto la sperata ricaduta sul nostro territorio. Infatti, tra le opere pubbliche inserite nell’elenco programmatico per l’anno 2010 vi sono:
1.
la messa in sicurezza della strada comunale di Saiano per un importo di € 100.000;
2. il potenziamento, completamento ed ammodernamento della pubblica illuminazione della Statale 265 di Cantinella in direzione Valle di Maddaloni, Limatola e Dugenta per un importo di € 180.000
;
Questo significa che tali opere sono state considerate “prioritarie” e l’amministrazione si è impegnata ad iniziare la loro realizzazione entro i 12 mesi dall’approvazione del bilancio. Tra le opere triennali, invece, è stata inserita la costruzione della piazza a Cantinella. L’avevo chiesto da subito, già il 29 giugno di un anno fa, 20 giorni dopo la mia elezione, con nota prot. n. 11654. Ora è diventato l’impegno di tutta l’amministrazione. L’impegno quotidiano portato avanti per la nostra zona, produce i suoi frutti. Sono, questi, degli ottimi risultati, ma abbiamo il dovere di non adagiarci, né fermarci. Io non lo faccio e non lo farò. Il nostro territorio ha un disperato bisogno di quell’attenzione che merita e che non sempre ha avuto. Come vedete, stiamo riuscendo a cambiare la tendenza. “Il nuovo c’è”!
Io continuerò a mettercela tutta, con l’impegno di sempre, assieme agli amici di sempre.
A voi chiedo soltanto pazienza e fiducia. Con affetto.

angelo montella

sabato 19 giugno 2010

ACQUA BENE COMUNE: l'Associazione Politico Culturale "A SINISTRA" domenica in piazza per la raccolta firme.

La raccolta di firme contro la privatizzazione dell’Acqua arriva anche a Sant’Agata de’ Goti. Domenica 20 giugno, dalle ore 08:30 alle ore 13:30, in Piazza Trieste il Comitato Fondatore dell’Associazione Politico Culturale “A Sinistra” allestirà un gazebo per la raccolta firme a sostegno dei 3 referendum promossi dal Forum italiano dei movimenti per l’Acqua.
“Il 9 settembre 2009, il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge che modificando l’articolo 23 bis della Legge 133/2008, rende obbligatoria la privatizzazione dell’acqua a partire dal 2011, sancendo l’affidamento ai privati del servizio idrico tramite gara. La mercificazione di un diritto individuale irrinunciabile come l’Acqua, è un atto gravissimo dal punto di vista etico e morale, ma è anche un atto palesemente incostituzionale dal punto di vista giuridico. L’Acqua è vita e l’attacco al bene comune Acqua è un attacco alla vita delle singole persone. Plaudo alla mobilitazione popolare che anche nella nostra Città si è messa in campo contro questo grave abuso. Ritengo necessario che le Istituzioni si schierino palesemente a sostegno di una sacrosante battaglia di civiltà e di diritti quale quella per l’Acqua pubblica. E’ per questo che mi sono reso, molto volentieri, disponibile all’autenticazione delle firme per la sottoscrizione di domenica mattina. Io ci sarò. Faccio appello ai cittadini affinché facciano altrettanto”.

martedì 11 maggio 2010

Solidarietà ai magistrati di Benevento

In merito agli atti intimidatori ai danni dei magistrati in servizio alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Benevento Antonio Clemente, destinatario di minacce di morte e proiettili e Cecilia Annecchini, alla quale è stata incendiata l'automobile, ho sentito il dovere di manifestare loro la mia solidarietà. L'ho fatto attraverso una nota ufficiale già pubblicata dai portali sanniti on-line. Ricordando i momenti spiacevoli che ho vissuto in prima persona due mesi fa, ho dato alla stampa la seguente nota:
"Innanzitutto mi preme esprimere la mia personale vicinanza ai magistrati colpiti dagli ultimi inquietanti ed infami atti intimidatori. La condanna decisa di questi metodi criminali non può rimanere solo e soltanto una dichiarazione di circostanza. E' necessario più che mai che incominci subito quel processo culturale che possa portare ciascun cittadino all'assunzione di una nuova coscienza civica.
Un processo assolutamente necessario, che può e deve svilupparsi ogni giorno nella vita di ciascuno di noi attraverso l'isolamento di tutti coloro che, in modo sistematico, al dovere preferiscono il privilegio, al rispetto dei diritti oppongono la prepotenza, al lavoro prediligono il sotterfugio.
In questo delicatissimo momento la cosiddetta "società civile" non deve far mancare il proprio concreto sostegno, in particolare, ai magistrati colpiti ed in generale, a tutti quei cittadini che, ogni giorno, come loro, in qualsiasi ambito operino, lavorano per costruire una prospettiva migliore per il nostro Sannio".

mercoledì 14 aprile 2010

Fatevi sentire - iniziativa: proposte condivise

Carissimi concittadini,
sono passati 10 mesi dalla mia elezione in Consiglio Comunale. Da subito, siamo stati chiamati ad una dura battaglia: quella che ha portato all' apertura del nuovo ospedale il mese scorso. E' stata una lotta che ci ha impegnati profondamente e, si può dire, esclusivamente per tutto il tempo, ma alla fine l'abbiamo spuntata per il bene di tutti.
Nel frattempo abbiamo dovuto far fronte (e continuiamo a far fronte, ahimè) ad una situazione di cassa ereditata dai precedenti amministratori, a dir poco DISASTROSA!
Pensate che abbiamo difficoltà anche a pagare i dipendenti comunali e/o ad assicurare i servizi minimi alla comunità (scuolabus, forniture alle scuole, etc...). L'Amministrazione di cui faccio parte, vi assicuro, sta facendo davvero i salti mortali per far fronte a tutto...ma siamo sull'orlo del DISSESTO economico. Troppe sono state le spese affrontate negli ultimi mesi della scorsa consiliatura. Troppi i mutui contratti allora e, di conseguenza, schiaccianti sono le rate da pagare ora.
Appare evidente che in questo quadro sconfortante, l'azione amministrativa della maggioranza è quasi del tutto paralizzata per mancanza di danaro utilizzabile.
Stiamo cercando, con caparbietà, di raddrizzare i conti al più presto, così da poter produrre maggiori ricadute dell'azione amministrativa in termini di servizi sul territorio.
Nel frattempo, mi piacerebbe ascoltare, quelle che, a vostro parere, possono essere le priorità a cui guardare nello sviluppo dell'azione di governo della Città.
Proviamo a farlo con lo strumento virtuale di internet: un mezzo che ci mette in contatto diretto pur essendo lontani.
Sono pronto ad ascoltare le proposte di ciascuno, a discuterle insieme a voi ed a farle mie portandole in Consiglio Comunale.
Ho sempre pensato che chi siede in Consiglio abbia il dovere di rappresentare le istanze dei cittadini, di farsene portavoce. Così come ho sempre creduto nella forza della cosiddetta "democrazia partecipata" cioè nella partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica attraverso il sostegno, il dialogo, la proposta condivisa con i propri rappresentanti.
E' in nome di questi principi che oggi lancio questa iniziativa.
Di nuovo o il nuovo? E' con questo slogan che abbiamo vinto tutti insieme il 6 e 7 giugno. Proviamo a renderlo concreto. Costruiamo insieme un modo nuovo di fare politica.
Partecipare all'iniziativa è possibile in vari modi: c'è il gruppo su facebook "Presidente Montella" dove è stata lanciata la discussione pubblica alla quale si può partecipare; oppure si può offrire la propria proposta inviando una e-mail all'indirizzo presidentemontella@libero.it o, anche, lasciando un commento sul blog sotto questo post.
Fatevi sentire. Sono pronto ad ascoltarVi.

angelo montella

giovedì 25 marzo 2010

REGIONALI 2010: IDENTITA' e RESPONSABILITA'



Regionali 2010
disgiunto: un voto che vale doppio!


Un voto di RESPONSABILITA' sul nome di VINCENZO DE LUCA Presidente

Un voto d'IDENTITA' sulla Falce e Martello della FEDERAZIONE DELLA SINISTRA!

domenica 21 marzo 2010

REGIONALI 2010: PER DE LUCA e PER LA SINISTRA!

Domenica 28 (dalle ore 8 alle ore 22) e lunedì 29 marzo 2010 (dalle ore 7 alle ore 15) si vota per l'elezione del nuovo Presidente della Regione Campania oltre che per il rinnovo del Consiglio Regionale. Chiedo a tutti di votare per VINCENZO DE LUCA, candidato Presidente della coalizione di Centro Sinistra. Per farlo, è necessario apporre una croce sul NOME di Vincenzo DE LUCA. E' importante per il Futuro della nostra Campania!
Ciascuno, poi, oltre al voto per il Presidente, potrà scegliere di premiare la lista di partito che preferisce, apponendo sul simbolo di riferimento una seconda croce.
L'invito, naturalmente, è a sostenere con il vostro voto le liste di SINISTRA ma, prima di tutto, è necessario votare VINCENZO DE LUCA Presidente.

angelo montella

lunedì 15 marzo 2010

CONSIGLIO COMUNALE STRAORDINARIO ED URGENTE: L'INTERVENTO

Signor Sindaco, signori Assessori, signor Vicepresidente del Consiglio, signori Capigruppo, Colleghi Consiglieri Comunali, Autorità civili, religiose e militari, Concittadini tutti….GRAZIE!
In un momento per me così delicato dal punto di vista personale, desidero esprimere, innanzitutto, la mia più sincera gratitudine a quanti, semplici cittadini ed istituzioni, hanno indirizzato alla mia persona i tanti attestati di stima e di vicinanza.
Il mio pensiero e la mia profonda solidarietà, giungano senza esitazione al Vicesindaco Giovanni Viscusi ed all’Assessore Mario Petti colpiti, come chi vi parla, dalla violenza inusitata di un atto ignobile e meschino.
Quanto avvenuto venerdì scorso rappresenta un’inaccettabile attacco frontale alle Istituzioni di questa Città, uno squallido tentativo per ostacolare un percorso deciso verso la legalità e la trasparenza portato avanti, giorno dopo giorno, nell’interesse unico dei santagatesi.
La violenza della intimidazione ricevuta è, in modo paradossale, la migliore dimostrazione dell’efficacia della nostra quotidiana azione.
Nei 9 mesi della mia Presidenza, questo Consiglio Comunale ha finalmente riacquistato quella centralità che gli è dovuta nella vita democratica di un Paese civile, come ha dimostrato il senso di responsabilità istituzionale fatto proprio da questo consesso, per esempio, nel portare avanti la delicata vicenda ospedaliera.
La mia azione istituzionale alla Presidenza di questo Consiglio, è stata sempre ispirata al rispetto dei valori di imparzialità ed equilibrio, nel rispetto delle posizioni e delle prerogative di tutti e di ciascuno.
Se l’errore che questi balordi mi imputano è stato quello di aver agito sempre nel solco della legalità, allora che sappiano, questi signori, che il Presidente del Consiglio Comunale della Città di Sant’Agata de’ Goti è stato, è e sempre sarà “colpevole” di tutto ciò!
Me lo impone il ruolo e la mia coscienza! Se ne facciano una ragione!
Io sono un uomo Libero e la Libertà rappresenta il più grave pericolo per un animo SUDDITO!
L’attacco vile e destabilizzante, prima che all’uomo, è alla Istituzione che rappresento.
E le Istituzioni sono patrimonio di TUTTI, sono un valore assoluto e sacrosanto della vita democratica, al di là della persona che in un determinato momento storico ne può interpretare il ruolo.
Ecco, allora, che sento forte più che mai sulla mia persona, oltre l’umano turbamento, tutto l’orgoglio dell’appartenenza alla mia comunità santagatese.
Ed è per questo che ho il dovere di difendere l’Istituzione, da me oggi rappresentata, dagli attacchi ignobili portati alla stessa, perché incombe su me stesso, in questo momento delicatissimo, il compito di salvaguardare la dignità della intera nostra Città.
Per il bene di Sant’Agata, io non arretro!
La mia presenza qui stasera, a presiedere questo Consiglio, nel pieno esercizio delle mie funzioni, è la risposta chiara, netta ed inequivocabile a quanti cercano di intimidirci.
Il Presidente del Consiglio Comunale non molla e non ha paura!
“Vale la pena lottare per le cose senza le quali non vale la pena di vivere”.
Ebbene, quella per la legalità e per la trasparenza è una battaglia che vale la pena combattere fino in fondo e senza la minima esitazione!
Noi non arretriamo di un millimetro!
Il Futuro si costruisce con il coraggio dell’oggi.

mercoledì 10 marzo 2010

L'OSPEDALE NUOVO C'E'!






"Sono molto soddisfatto. L’apertura del nuovo ospedale di Sant’Agata dei Goti, aumentando l’ offerta sanitaria dell’intera provincia di Benevento, migliorerà la qualità della vita di tutti. E’ una conquista importante per ciascun sannita prim’ancora che per ciascun santagatese. Quello alla Salute, infatti, è un diritto di ogni persona. L’intera vicenda che ha portato all’attivazione del “Sant’Alfonso De’ Liguori”, dimostra che l’azione delle Istituzioni è tanto più efficace quanto maggiore è il sostegno responsabile della popolazione e la compattezza della Politica. Per questo, da presidente, sento di ringraziare l’intero Consiglio Comunale in ogni sua componente, per il lavoro svolto e per l’unità di intenti sempre manifestata in questa vicenda. Un riconoscimento sincero non può non andare al lavoro portato incessantemente avanti, assieme a noi, dal sindaco Valentino e da quanti, nell’ambito dei propri ruoli e nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, si sono adoperati lealmente al raggiungimento di questo bellissimo risultato".

martedì 2 marzo 2010

OSPEDALE: LA NOTIZIA DELL'APERTURA!

L'ospedale nuovo di Sant'Agata aprirà lunedì 8 marzo 2010.
E' quanto confermato con una nota alla stampa a firma dell’assessore regionale Santangelo dopo un incontro con il governatore Bassolino e d’intesa con il sub commissario ad acta Zuccatelli. Finalmente il Sant’Alfonso Maria de’ Liguori apre i battenti. Una vittoria delle istituzioni e della cittadinanza intera.
Dopo essere stato, fin dal primo pomeriggio di oggi al fianco della protesta organizzata dai Comitati civici e dai cittadini davanti ai cancelli del nuovo ospedale della Città, con una nota ho espresso viva soddisfazione per la notizia della apertura del P.O. “Sant’Alfonso Maria de’ Liguori”.

La notizia della imminente apertura del nuovo ospedale di Sant’Agata de’ Goti premia l’encomiabile lavoro che è stato portato avanti incessantemente nel corso dei mesi dal Consiglio Comunale che mi onoro di presiedere. La Conferenza dei Capigruppo, in ossequio al mandato unanime ricevuto dal Consiglio nello scorso mese di settembre, si è sempre adoperata per condurre all’unisono la battaglia comune per il rispetto della legge regionale 16 del 2008.
Voglio manifestare il mio plauso all’operato del Sindaco e della Amministrazione comunale per l’impegno con noi profuso, senza dimenticare il contributo offerto dai Comitati civici e dai semplici cittadini. Questa bella notizia rappresenta il giusto riconoscimento della responsabilità e del senso civico che, in questa vicenda, tutti i santagatesi hanno saputo sempre manifestare unitamente alle proprie Istituzioni.
Sono soddisfatto di aver contribuito, con l’esercizio del mio ruolo, insieme a tutti loro, al raggiungimento dell’obbiettivo comune: l’apertura del nuovo ospedale”.

venerdì 26 febbraio 2010

VICENDA OSPEDALE: FARE TANTO, PARLARE POCO.

La strumentalizzazione politica di una vicenda tanto delicata quale quella legata alla battaglia per l'apertura del nuovo ospedale a Sant'Agata,non rende onore a chi la fa. Diffidare dalle promesse e dai facili miraggi, è fondamentale per risucire davvero a portare in porto il risultato. Il silenzio dei fatti fa molto più rumore di mille proclami!Fare tanto, parlare poco...Questo ho imparato dalla magnifica e VINCENTE esperienza del Comitato "Contrada Saiano - No impianto di Digestione"!
Quella battaglia noi l'abbiamo vinta "facendo": senza nemmeno una manifestazione di piazza, senza un corteo, senza una occupazione.
L'abbiamo vinta nella legalità, perchè era una lotta per il rispetto delle regole e delle norme. Ci siamo fatti sentire, abbiamo dato voce alle nostre istanze, abbiamo sollecitato, pressato i nostri pubblici rappresentanti. Ma, volutamente, non abbiamo mai fornito loro l'alibi per non poter lavorare.
Se si pretende, giustamente, l'applicazione della Legge (nel caso nostro quella regionale n. 16/2008) questo non può che avvenire nel rispetto della legalità oltre che dei ruoli istituzionali.
Il Presidente del Consiglio Comunale, anche nella qualità di Presidente della Conferenza dei Capigruppo, intende continuare a dare seguito, efficacemente e con forza, al mandato pieno ed unanime affidatogli dal Consiglio il 15 settembre 2009 a tutela del territorio cittadino nella vicenda relativa all'apertura del nuovo ospedale. Almeno fino a quando il Consiglio non revocherà ufficialmente tale mandato. Lavorerò caparbiamente e parlerò poco, così come fatto fino ad ora. Nella certezza di dover contribuire, assieme alle altre istituzioni, al raggiungimento dell'unico obbiettivo: l'apertura della struttura il prima possibile!

angelo montella

mercoledì 10 febbraio 2010

FOIBE - DISCORSO PER IL GIORNO DEL RICORDO

Quando si parla dei “massacri delle foibe” si intendono gli eccidi perpetrati ai danni di migliaia di cittadini italiani per motivi etnici e politici, alla fine e durante la seconda guerra mondiale in Venezia Giulia e Dalmazia. Tali eccidi furono per lo più compiuti dall’Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia del dittatore Tito, a cui si affiancarono, in armi, alcuni militanti Comunisti italiani. “Storia e Memoria” è il titolo che abbiamo voluto dare a questa manifestazione in ricordo delle vittime delle Foibe. La Memoria si riempie di contenuti solo attraverso la conoscenza della verità storica. E’ questo lo sforzo verso cui abbiamo il dovere di tendere. In questa ottica, si rende necessario il tentativo di ricostruire il quadro storico – politico nel quale l’ eccidio delle Foibe è maturato. Per farlo, non possiamo che partire dal ricordare cosa è stato il Fascismo e cosa questo ha significato nella storia d’Italia. Il Fascismo fu un movimento politico italiano del XX secolo, reazionario, di carattere nazionalista, autoritario e totalitario, che sorse in Italia per iniziativa di Benito Mussolini alla fine della prima guerra mondiale. Raggiunse il potere nel 1922 con la Marcia su Roma, si costituì in dittatura nel 1925, subito dopo l’uccisione del deputato Socialista Giacomo Matteotti. Durante la dittatura fascista fu negato ai lavoratori il diritto di sciopero, fu abolita la libertà di stampa, fu sciolto il Parlamento, furono emanate le leggi razziali ed antisemite, fu repressa, con la violenza di Stato, ogni sorta di diversità o di opposizione. Il 25 aprile del 1945, con la vittoria del Comitato di Liberazione Nazionale, il fascismo fu completamente spazzato via. Dalle sue ceneri nacque il nuovo Stato Democratico che ebbe come collante proprio l’ Antifascismo, inteso come il ripudio totale dei metodi autoritari, violenti e reazionari, discriminatori e razziali che caratterizzarono quel regime. Antifascismo, dunque, come valore fondamentale della nascente Democrazia, posto alla base della nostra Costituzione. Perché, al di là delle diversificazioni ideologiche (sinistra-centro-destra), in quanto italiani siamo tutti necessariamente antifascisti! Il Fascismo è stata un epoca di DIRITTI NEGATI e REPRESSI con l’uso della VIOLENZA. Dal 1924 in poi, in Dalmazia e nella Venezia Giulia, i fascisti operarono continue, violente ed innaturali repressioni a danno delle popolazioni di origine slava, in nome di un cieco Nazionalismo, inteso come forma esasperata e miope di appartenenza ad escludendum ad un determinato territorio e ad una determinata razza. Era, questa, una idea che imperversava in tutta l’Europa nei primi del ‘900. Fu gradualmente introdotta dai fascisti, in quelle zone, una politica di assimilazione forzata delle minoranze etniche e nazionali, che prevedeva l’italianizzazione di nomi e toponimi, la chiusura delle scuole slovene e croate ed il divieto dell’uso della lingua straniera in pubblico. L’azione repressiva del governo fascista, di fatto, annullò l’autonomia culturale e linguistica delle popolazioni slave ed acuì i sentimenti di inimicizia nei confronti dell’Italia. Tutto questo contribuì alla creazione di un clima esasperato al punto tale che, caduto il fascismo, il sentimento forte della libertà ritrovata, sfociò ben presto nel desiderio viscerale di vendetta, attraverso l’uso spietato della violenza da parte degli oppressi contro gli oppressori. Si assistette, cioè, ad un drammatico, macabro, scambio di ruoli: gli aguzzini diventarono vittime e le vittime, aguzzini. La domanda che mi pongo e che vi rivolgo è la seguente: e’ giusto rispondere alla violenza con uguale violenza? La risposta non può che essere una, netta ed inequivocabile: NO, MAI! Guai ad attribuire un significato, anche solo vagamente “romantico” alle motivazioni che hanno generato in passato (o possono generare tutt’oggi) furie assassine. Guai a lasciare spiragli al riconoscimento di una qualche attenuante rispetto agli orrori ed alla violenza! Sarebbe, per chiunque, un errore fatale! Se fu la rabbia per le angherie subite nel ventennio ad armare la vendetta di quegli uomini, appartenenti ad un movimento, quello Comunista, che pure ha pagato un notevole tributo di sangue nella lotta di liberazione nazionale per debellare il fascismo, questo non li giustifica affatto. Di più, li condanna due volte: una volta per aver commesso materialmente i crimini efferati; la seconda, per aver permesso ai metodi ed ai modi fascisti di contaminare il proprio animo, di snaturare a tal punto i propri ideali, fino alla assimilazione degli stessi disvalori ed alla commissione della stessa barbarie. Una tragica, agghiacciante, metamorfosi Kafkiana. I militanti Comunisti, contribuendo ai massacri delle Foibe, sono venuti meno, con i fatti, a quei principi che avevano ispirato la Resistenza Italiana, di cui loro, in massima parte, sono stati meritori protagonisti, diventando loro stessi strumenti di applicazione dei medesimi mali che avevano combattuto. E’ questa, a mio giudizio, la TRAGICA ANOMALIA che ha generato i massacri. Al Nazionalismo escludente e razzista di cui era impregnato il regime mussoliniano, quei militanti Comunisti opposero un Internazionalismo che, degenerando via via dal concetto forte di libertà assoluta che sottintendeva, non esitò a prestare loro la motivazione per scagliarsi in armi contro i propri connazionali prestandosi ad essere strumento, più o meno “inconsapevole” (a noi non importa), del progetto totalitario e razzista di Tito. Resta l’orrore dei fatti, di fronte ai quali tutti abbiamo il dovere di chinare il capo, di riflettere e di pronunziare con nettezza parole di condanna. Pensare di graduare le colpe e le virtù, tentare giustificazioni ideologiche, è soltanto un esercizio tanto sciocco quanto inutile. La Storia delle Foibe, allora, consegna alla Memoria un messaggio chiaro ed inequivocabile: mai più ci siano guerre e stermini in nome degli ideali! Mai più ci sia un uomo che prevarichi un altro uomo! Tocca a noi raccogliere questa sfida, tenere per mano la nostra Storia e condurla verso un domani migliore. Perché la Memoria del passato riguarda più che mai oggi il nostro Futuro. Vorrei chiudere questo mio intervento con una frase di MAJAKOWSKIJ che sento davvero, profondamente mia e che spero tutti quanti possiate sentire anche vostra: “In ogni goccia di lacrima che scorre, ho crocefisso me stesso”.

mercoledì 27 gennaio 2010

GIORNATA DELLA MEMORIA: IL MIO INTERVENTO

Preceduto dalla lettura dei versi di Primo Levi e seguito da quella della poesia di Adriano Sofri "Nei Ghetti d'Italia anche questo non è un uomo", da me scelti, ecco il testo dell'intervento che ho tenuto questa mattina durante la cerimonia ufficiale di celebrazione della "Giornata della Memoria" per le vittime della Shoah.

“Signor Sindaco, Sua Eccellenza Monsignore, Signori Consiglieri Comunali, Cari ragazzi Consiglieri Comunali Junior, Autorità Civili, Militari e Religiose, Signori Dirigenti Scolastici, Signori Docenti, cari Studenti, carissimi Concittadini,
ho scelto ed ascoltato con voi, ha affermato Montella rivolgendosi alla platea, i versi struggenti che Primo Levi compose per la prefazione del suo romanzo autobiografico “Se Questo è un uomo” pubblicato nel 1947, per iniziare questo mio intervento e per ricordare quell’abominio universale che fu il nazismo.
Ho voluto farlo con quei versi, perché sono talmente intensi che trasudano dolore, piangono disperazione, gridano orrore e sconfortante impotenza.
Attraverso le parole di Levi a noi tutti sembra di poter ancora ascoltare la disperazione di quelle donne, di quei bambini e di quegli uomini annientati dalla barbarie umana della Shoah.
Un massacro delirante e pianificato, teso al perseguimento della eliminazione fisica di coloro che avevano l’unica colpa di essere “diversi” dai loro carnefici.
Parlando di Olocausto o di Shoah, parliamo di una deliberata, spietata, furia assassina, feroce, cieca e folle, che si abbatté, con violenza assoluta e con una tragica, chirurgica, efficacia, non solo sulla popolazione ebraica, ma anche su altre innocenti categorie di persone “colpevoli” soltanto di non essere tedeschi, o di credere in un altro Dio; di non essere sane o di avere idee ed orientamenti sessuali diverse rispetto alla maggioranza. Primo Levi ebbe miracolosamente salva la vita, ma la sua esistenza, come quella dei pochi scampati all’eccidio di massa, fu un continuo sopravvivere a quegli orrori, fu un continuo respirare il gelo dei tanti occhi e delle tante voci perse, nel disperato tentativo di togliersi di dosso l’odore acre della morte, di fuggire dall’opprimente rimorso di essersi salvato.
Ma il suo fu un tentativo vano, a tal punto da costringerlo a porre fine alla sua stessa vita nel 1987.
Ecco, allora, che la sua testimonianza ci aiuta a comprendere il dramma interiore ed il travaglio di uomini e donne ridotti ad essere il riflesso tetro di un odio sconsiderato, uccisi in vita dalla consapevolezza della loro inumana condizione.
Ricordando la prigionia, Levi scrisse:
Il campo di sterminio è stato organizzato fin dall’inizio per distruggere l’umanità dei deportati, oltre che per sterminarli. Dopo pochi giorni all’interno del campo i deportati rinunciavano già a ribellarsi o soltanto guardare male una SS. Avevano compreso che l’unica cosa importante era mangiare quel poco che veniva distribuito. Di conseguenza cercavano di ingannare gli altri e di derubarli, non essendoci più posto né per la gratitudine né per il rispetto.
L’annullamento della personalità, il degrado dell’essere umano alla condizione di animale, la privazione della dignità: che cos’è tutto questo se non una morte anticipata, una morte ancora più grave, non fisica, bensì spirituale?

A questa domanda, ciascuno di noi è chiamato a dare una risposta concreta. E dobbiamo farlo attraverso l’esercizio sistematico della memoria ma, soprattutto, facendo in modo che per nessuna ragione possa albergare mai dentro ciascuno di noi il seme degenere della discriminazione e del rifiuto delle diversità. E’ questo il dovere primario al quale siamo chiamati noi oggi: essere strumento di un cambiamento culturale e sociale che trasformi in fatti i tanti buoni propositi. Se saremo capaci di fare tutto questo, la memoria degli orrori non sarà mai un esercizio sterile e vuoto e noi stessi, ogni giorno, saremo i testimoni di un mondo nuovo. Perché dal male può e deve nascere il bene, dal dolore può e deve nascere la serenità. Solo quando si smarrisce la coerenza tra ciò che si professa e ciò che si fa, qualsiasi orrore finisce per apparire normale. Così diventa normalissimo oggi, nella nostra Italia, armarsi di spranghe e fucili e rincorrere, picchiare, pestare a sangue, sparare agli immigrati colpevoli soltanto di avere il colore della pelle diverso dal nostro, come è successo qualche mese fa in Calabria. L’infamia della Shoah, la compenetrazione umana nel dolore immenso di quei martiri, non deve mai smettere di interrogare, di tormentare, come un tarlo, le nostre coscienze. C’è differenza tra i ghetti ebrei dei nazisti ed i giacigli di plastica e cartone dove vivono i nostri immigrati oggi, proprio a ridosso delle nostre case? Era davvero così diversa la condizione degli ebrei costretti a lavorare fino a spaccarsi la schiena nei lager, da quella dei “diversi” di oggi che lavorano 15 ore al giorno per pochi euro? Tutto questo avviene ogni giorno sotto i nostri occhi. Sotto gli occhi di tutti noi che oggi piangiamo, giustamente, i discriminati di ieri, mentre continuiamo a distogliere volontariamente lo sguardo dai discriminati di oggi! Ieri i Kapò, oggi i “caporali” del lavoro nero, dello sfruttamento, contro i quali, contro le cui pratiche, lo Stato tutto, troppo spesso, preferisce chiudere gli occhi per non vedere. Le Società che smarriscono il senso delle regole, che perdono la sacralità del Diritto, diventano il sepolcro della giustizia e lo scrigno della discriminazione. L’antisemitismo, il razzismo, l’intolleranza, non sono problemi passati: essi sono presenti e forti ancora oggi nella nostra vita quotidiana. Per debellarli, ha Concluso Il presidente del Consiglio Comunale, è necessario più che mai unirsi in un fronte largo, che traduca la rabbia per le ingiustizie di ieri nei fatti diversi di oggi. La memoria del passato, l’ombra buia di quegli orrori, ci sia utile a migliorare il nostro presente ed a costruire nuovi orizzonti nel nostro Futuro”.

sabato 9 gennaio 2010

ROSARNO: LA GUERRA INCIVILE


Quello che in queste ore sta avvenendo a Rosarno è il naturale rivelarsi dello spirito Italiano. Per lo meno di quel ricettacolo di intollerenza e di ignoranza che il Belpaese è diventato negli ultimi anni. Il sistematico ribaltamento della scala dei valori perpetrato, quasi fosse una missione trascendente da parte dei governanti, ha prodotto la perdita totale di ogni principio laico, sociale e solidale contenuto nella nostra Costituzione.
La religione, ridotta esclusivamente ad un rito pubblico che si esaurisce nelle perpetue forme prive di contenuto, utile solo ad ostentare la propria appartenenza ed a sentirsi a posto con la propria coscienza, ha smarrito da tempo la propria funzione etica, ha perso totalmente la propria capacità critica nei confronti delle debolezze umane.
In questa situazione paradossale e disarmante nella quale il torto diventa ragione, l'orrido diventa banale e l'intolleranza diventa l'unico collante di una nazione civilmente morta e sepolta, si inserisce quasi come un' ovvietà il disastro civile di Rosarno.
Se questa è l'Italia io NON MI SENTO ITALIANO!
Di fronte alle immagini televisive, ai commenti della stampa, resto senza parole e con un dolore profondo dentro me stesso, un dolore che diventa fisico se penso a questo orrore, alla impotenza alla quale questa “incultura” imperante, lentamente ma inesorabilmente, ha relegato, ha ghettizzato, le persone per bene di questa nazione, gli uomini e le donne pie, i veri religiosi, gli intellettuali, gli italiani onesti, i giovani idealisti, gli anziani saggi.
Tutti spinti fuori dalla socialità, ridotti a non aver più nemmeno la voglia di provare a reagire, di provare a pronunciare parole diverse. Tutto sepolto da macigni di risate ed insulti, dalla retorica dei lutti nazionali, dall'ostentazione di ogni disvalore, dal dominio dei vizi pubblici sui problemi reali del Paese.
E così, in questa Italietta, scopriamo che è diventato “normale” sparare pallettoni addosso ad un signore che espleta un bisogno fisiologico magari nelle vicinanze della propria “privata” abitazione.
Non che si possa urinare dovunque, certo, ma la reazione mi pare assolutamente sproporzionata rispetto alla “offesa”. Cosa avrà mai fatto di tanto grave quel “nostro fratello” di colore per meritarsi delle fucilate?! Forse aveva una impellenza non più rinviabile e si è liberato! A quanti “italiani” capita tutti i giorni una situazione simile?
La cosa più triste è che sarei pronto a scommettere sulla convinta religiosità di colui che ha premuto il grilletto. E' questa l'insanabile frattura italiana tra l'essere e l'apparire: intollerabile.
Quando si smarrisce la coerenza tra ciò che si professa e ciò che si fa, qualsiasi orrore appare normale. Così è normalissimo armarsi “fino ai denti” (come ha detto ai microfoni tv un nostro “concittadino” di Rosarno) ed incominciare la “caccia all'uomo nero” per prenderlo a sprangate.
Così come è altrettanto “normale” sputare addosso agli immigrati “clandestini” che verrebbero a portare delinquenza e crimine. Non è normale, a mio parere, ma è certamente semplice.
L'immigrato che viene in Italia non è clandestino solo se ha un “regolare contratto di lavoro”; questo recita la norma vigente, la cosiddetta legge “Bossi – Fini”.
Eppure c'è una enorme richiesta di lavoratori per alcune tipologie di mestieri, quelli considerati dalla cultura imperante “più umili”, e legati, prevalentemente, alla agricoltura ed alla assistenza agli anziani.
Tantissimi tra uomini e donne “immigrati clandestini”, ogni giorno all'alba, lasciano le proprie baracche e vanno a lavorare anche per 10 – 12 ore, senza contributi, senza assistenza, senza diritti, per un salario vergognoso di 20 euro al giorno. Una condizione, la loro, che li spinge ai margini della società, che li isola dal mondo civile, che li costringe ad una vita di umiliazioni e di stenti, ad una vita da schiavi e da diversi.
Sono pronto a scommettere che i cosiddetti “caporali”, ovvero questa specie di datori di lavoro, “italiani” che sfruttano e umiliano, sono prevalentemente religiosi, probabilmente cattolici, di quelli che la domenica mettono il vestito buono e vanno in chiesa con tutta la famiglia per partecipare a quel rito antico e, ahimè, vuoto che li fa sentire bene con loro stessi. Salvo poi, il lunedì, continuare a sfruttare, a schiavizzare, a vessare...tanto poi arriverà la prossima domenica per salvarsi l'anima!
Di fronte a tutto questo, allora, anche io grido a tutta voce: “abbattiamo il Nero”! Inteso, però, come LAVORO NERO!
Vorrei che lo Stato, o quel poco che resta di esso, iniziasse a muoversi in questa direzione, faccia dei controlli, segua gli immigrati ogni mattina che si recano a lavoro. Verifichi se quell' “italiano”, loro caporale, gli ha fatto firmare un contratto, versi per ognuno di loro i contributi al sistema previdenziale. Verifichi, lo Stato, se il nostro “concittadino” caporale faccia lavorare in sicurezza i propri dipendenti, rispetti l'orario di lavoro ed osservi tutte le garanzie di legge in favore dei lavoratori, etc...
Se tutte queste condizioni fossero rispettate, quei lavoratori già non sarebbero “clandestini”. In caso contrario, invece, dovrebbe, lo Stato, costringere i tanti caporali “italiani” a REGOLARIZZARE ciascun immigrato, a regolarizzare ciascun rapporto di lavoro, a pagare, come tutti, le dovute sanzioni.
E' troppo facile chiudere gli occhi e far finta di non vedere e di non sapere.
E' troppo facile prendersela con le vittime per non fare torto ai carnefici.
L'immigrazione clandestina si abbatte solo REGOLARIZZANDO e non ESPELLENDO.
Si abbatte sanzionando gli “italiani” che sfruttano “a nero” la forza lavoro di uomini e donne per bene che non hanno altro che la loro dignità di esseri umani, ed il loro sguardo fiero.
Ecco perché a Rosarno, come nel resto d' Italia, io mi schiero con gli immigrati: in loro, da non cattolico, non dimentico mai di vedere “il prossimo” di cui parlava Cristo, non dimentico mai di vedere i nostri nonni, le nostre radici di gente fiera che parte per cercare un domani migliore.
Eppure ora spero che, terminata la corsa oltre il precipizio della tollerabilità, riconosciuta la disfatta dello Stato di diritto, questa guerra incivile tra poveri (di sostanze gli immigrati, di cultura e di valori noi altri italiani) scuota le coscienze ed induca questo popolo ad avere l'umiltà ed il coraggio di ricostruire daccapo una propria socialità, a recuperare un patrimonio di principi e di sensibilità civile perduti.
Per questo, affinché ritorni una pace non apparente e si guardi davvero al dialogo, confido in un ritorno immediato del rispetto dei diritti e del Diritto.
Ho ancora la forza di sperare che chi spara senza giustificato motivo venga perseguito per legge, indipendentemente dal colore della pelle di chi ha sparato; ho ancora l'illusione di credere che chi percuote con spranghe altre persone senza motivo venga condannato, o che chi sfrutta il lavoro degli altri, chi non paga le tasse, chi non regolarizza i lavoratori, possa essere sanzionato. Sia esso straniero oppure no. Quando tutto questo sarà ristabilito, allora e solo allora, potemmo di nuovo dirci italiani.