Pagine

domenica 27 dicembre 2009

IL MIO INTERVENTO AL SEMINARIO DI BETLEMME 21.12.2009


foto: con il Sindaco di Betlemme Batarseh
Stimati Colleghi,
Signori Sindaci, Signori Professori, porto a Voi tutti il saluto della intera Città di Sant’Agata de’ Goti e del suo Consiglio Comunale.
In particolare, un saluto ed un ringraziamento desidero rivolgerlo in apertura al Professor Catalano ed al Sindaco di Betlemme Batarseh per averci ospitato in questa Città unica al mondo e così meravigliosamente ricca di bellezza e di suggestioni.
Il mio contributo sul tema del convegno, “Pace e Sviluppo”, vuole essere una riflessione a cuore aperto che offro alla discussione senza alcuna pretesa risolutiva.
Ascoltando gli interventi di questi due giorni di lavori, vivendo la Città, ho respirato aria di sconforto e di speranza.
Ho respirato lo sconforto di una realtà vissuta, direi quasi, per sottrazione: a partire da quella delle vite umane sacrificate da ogni famiglia per la libertà di tutti, passando per quella legata alla istruzione, alla conoscenza, ai diritti civili, fino a giungere alla sottrazione delle opportunità di lavoro…
E’ drammatico constatare la mancanza, pressoché totale, della POSSIBILITA’ di sperare in un FUTURO!Eppure quella speranza io l’ho incontrata: ho incontrato il CORAGGIO della speranza! La speranza di un domani diverso, di una pace possibile.
Il processo di pace corre, necessariamente, sui binari insidiosi di un dialogo vero, sentito, proficuo, efficace, la cui pre-condizione risiede unicamente nella capacità di tutti di spegnere una volta per tutte il cieco meccanismo della critica per far posto a quello della AUTOCRITICA operando, in tal modo, un non più rinviabile spostamento dei punti di osservazione.
Tanto vale sia per gli israeliani che per i palestinesi.
E’ questo il processo che tutti i “costruttori di pace” hanno il dovere di favorire e di sostenere.
Ma è opportuno tenere sempre presente anche che la vita di ogni palestinese non è fatta di dottrine filosofiche o di disamine sociologiche, bensì di terra e sangue, di lacrime e sudore, di muri che ostacolano la vista e l’avvenire.
Ecco perché, a mio parere, è necessario invocare una maggiore concretezza nell’azione della Comunità Internazionale di cui anche noi siamo parte! Abbiamo ripetuto molte volte che non c’è pace senza giustizia.
Eppure la Comunità Internazionale assiste, quasi inerme, alle continue, sistematiche, crescenti violazioni delle norme del diritto internazionale da parte dello Stato di Israele, al prepotente calpestìo della dignità di un Popolo, quello Palestinese, al quale vorrebbero togliere il diritto ad esistere. Un Olocausto morale a parti invertite, un Davide palestinese contro un Golia invincibile.
I dati portati alla nostra riflessione ieri dal Presidente Essaq (Presidente dell’Istituto di Ricerca Applicata di Gerusalemme n.d.r.) ci hanno offerto un quadro a tinte fosche fatto di soprusi, di discriminazioni e di prepotenze perpetrati quotidianamente in danno di una parte soltanto.
La morsa mortale di Israele sta strangolando, lentamente ma inesorabilmente, la Palestina.
Allora, che fare? Credo sia arrivato il momento, non più rinviabile, per l’intera Comunità Internazionale, di parlare parole CHIARE tali da far cadere definitivamente il muro della ipocrisia e della EQUIDISTANZA DI COMODO che nasconde e rende complici.
Bisogna prendere apertamente parte al fianco di chi è vessato, di chi è oppresso, di chi vede vilipesa sistematicamente la propria condizione e la propria dignità.
Anche Cristo ha vissuto al fianco dei più deboli!
C’è bisogno di avere coraggio! Noi possiamo e dobbiamo denunziare l’inerzia sostanziale degli Organismi Sovranazionali e, nel contempo, abbiamo il dovere di sollecitare con decisione un loro intervento giusto e concreto.
Sono coloro che sanno e non fanno i veri nemici della Pace!
Accanto a questo, però, va chiesto alla Palestina di fare uno sforzo decisivo nel tenere la necessaria fermezza circa la condanna incondizionata dei rigurgiti degli estremismi interni.
Perché la strada del dialogo presuppone sempre, fin dall’origine, la predisposizione alla rinunzia.
Se si riuscisse, per una sola volta, a fermare la lugubre girandola delle ritorsioni, quello sarebbe l’attimo esatto per riuscire ad intravedere un orizzonte di pace e di sviluppo.
E’ finito il tempo dei risentimenti ed è opportuno che inizi quello dei sentimenti e della responsabilità!
In questo senso un ruolo decisivo e determinante lo svolgono le Municipalità. Esse possono, dal basso, favorire quel cambiamento culturale necessario alla costruzione di una pace vera e duratura che sia, innanzitutto, rispettosa dei diritti di tutti e delle individualità di ciascuno.

Nessun commento: